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Il virus dell’incertezza letale per le imprese

A cura dell’Ufficio Stampa
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Regna sovrana l’incertezza e verrebbe da usare una parola meno  educata, con un groviglio inestricabile di norme e scadenze e senza la caduta a terra di provvedimenti che stanno rendendo la ripartenza delle imprese, già complessa in sé, un percorso senza bussola. Purtroppo siamo al delirio: così non si può andare avanti e anche chi come noi le affianca è vittima di una situazione che in uno stato di diritto non dovrebbe verificarsi.

 

La fase applicativa della miriade di provvedimenti emanati dal lockdown alla ripartenza fino a oggi è come una corsa ad ostacoli fatta da derelitti bendati: dalle rateizzazioni fiscali di chi doveva pagare a marzo ancora senza appigli certi, ai soldi stanziati per la casse integrazioni che non arrivano, dalle istanze di indennizzo bloccate o enormemente rallentate da sistemi informatici inadeguati alle comunicazioni agli istituti legati all’assoluta incertezza fino all’ultimo momento (e spesso anche dopo) con gli stessi uffici territoriali lasciati in balia del caos con le istruzioni tardive e/o parziali; dai decreti che si susseguono alle scadenze che si assommano. In questi giorni ne sono state contate 187. Qui non si è più neanche più sudditi, ma servi della gleba.Siamo entrati in un corto circuito: il rapporto tra impresa e Stato è connotato dalla più totale incertezza e col rischio incombente che i prossimi mesi, quando usciremo dall’emergenza, vengano fuori errori per colpa di questa situazione kafkiana. Intanto si moltiplicano i costi, non si sa più chi ha pagato cosa o quando potrà pagare. Il presidente della Repubblica Scalfaro definì lunare il 740, ma qui ormai è tutto lunare. I provvedimenti possono essere anche giusti, ma le strade dell’inferno sono lastricate di buone intenzioni, rimaste teoriche. E intanto continua il mulinello di annunci, decreti, circolari: non si ha più il senso di cosa hai fatto e di cosa devi fare.
Persino gli incentivi erogati si perdono in questa babele pazzesca: quelli per chi sanifica, ad esempio, passano al 60% previsto al 15% reale, data la mole di domande a fronte delle risorse disponibili. Certo: sempre meglio dei bandi che si esauriscono in 1,5 secondi. Le nostre imprese si stanno facendo in quattro per uscire dall’emergenza, ma aveva ragione Einaudi: “migliaia, milioni di individui lavorano, producono e risparmiano nonostante tutto quello che noi possiamo inventare per molestarli, incepparli, scoraggiarli». Ma nella durissima ripresa, convivendo col Covid, questo sistema, anzi questo guazzabuglio, è inaccettabile. E’ un altro virus.

Stefano Bernacci, segretario Confartigianato Federimpresa cesenate

 

 

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Credits: Federico Lodesani

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